Lo Spirito Santo ha fatto sbocciare un nuovo piccolo fiore nel deserto del mondo: l’Opera Piccola Cafarnao.

Quest’Opera si rivolge ai “piccoli”, invitandoli ad amare sempre più la loro piccolezza e ad offrirla al Signore, affinché la trasformi in qualcosa di grande, a beneficio del mondo intero.

Questo racconto, o meglio questa parabola, Gesù l’ha comunicata ad una anima molto vicina a Lui, affinché anche altre anime potessero venirne a conoscenza, e potessero giungere, tramite il soffio dello Spirito Santo, ad afferrare il profondo significato in essa contenuto. Quando Gesù parlava in parabole, spesso la gente che lo ascoltava non comprendeva cosa intendesse dire tramite quei racconti così semplici ma anche molto enigmatici; e solo ai suoi amici più intimi, nella casa di Pietro a Cafarnao, che era divenuta anche la sua casa (Mt 13,36-37), svelava i reconditi significati e gli insegnamenti contenuti in quelle parabole. Avete capito tutte queste cose?” Gli risposero: “Sì”. Per questo ogni scriba istruito nel Regno dei cieli è simile a un padre di famiglia che trae fuori dal suo tesoro cose nuove ed antiche” (Mt 13,51-53).

tesoro gran re

 

LA CASA DEI DUE SCRIGNI

Un giorno, un uomo udì sussurrare, nel suo cuore, una voce calda e suadente, che gli confidava che in un recondito angolo della sua casa era nascosto uno scrigno contenente un’immensa ricchezza.

Quell’uomo era rimasto impressionato nell’udire quella voce, perché gli ricordava tanto quella della mamma e del papà, quando gli annunciavano, con gioia, in determinate occasioni, che avrebbe ricevuto una splendida sorpresa, un meraviglioso regalo, se avesse fatto il “bravo”. Dopo aver accolto quella fantastica notizia, l’uomo cominciò subito, freneticamente, a cercare da ogni parte quel tesoro, mettendo a soqquadro tutta la casa; e, in quell’affannosa ricerca, mille pensieri affollavano la sua mente, immaginando come sarebbe cambiata la sua vita avendo in mano tanta ricchezza e in che modo l’avrebbe utilizzata. Frugando di qua e di là, giunse nel punto più alto della casa, in soffitta, e lì, finalmente, tra i giochi abbandonati di quand’era bambino, trovò un bellissimo scrigno intarsiato con delle misteriose figure: il suo cuore cominciò a battere all’impazzata mentre si accingeva ad aprirlo, ma si accorse che c’era una serratura e che, purtroppo, mancava la chiave. Cercò disperatamente lì intorno, ma non la trovò. Allora, decise di provare ad aprirlo utilizzando vari arnesi, ma tutti i tentativi fallirono miseramente, perché quello scrigno risultava blindato come una cassaforte. Cominciò a stizzirsi, chiedendosi perché quella voce non gli avesse specificato che, per aprire lo scrigno, c’era pure bisogno di trovare la chiave. Continuò a cercare da tutte le parti quella benedetta chiave, giungendo anche in cantina, e lì, aggirandosi in mezzo a tanta polvere, ragnatele, rovistando in quel ciarpame, scoprì, nella penombra, un altro scrigno, più piccolo e meno bello dell’altro. Con grande sorpresa ed emozione lo sollevò da terra, e, ripulendolo dalla polvere e dalla sporcizia, si accorse che, fortunatamente, quello era privo di serratura! Ad un tratto, udì di nuovo la stessa voce che gli intimava, con un tono diverso, quasi minaccioso, come quello della mamma o del papà quando gli dicevano di non fare una certa cosa perché era pericolosa: “Non aprirlo perché sarà la tua rovina!”. L’uomo, incurante di quell’avviso, pensò: “Cosa ci sarà mai di tanto pericoloso? Magari, c’è proprio nascosta la chiave di quell’altro!”. E spalancò lo scrigno. Rimase sbalordito dinanzi a tanta ricchezza: c’era una quantità enorme di denaro e gioielli! Allora, pensò che, in fondo, l’altro scrigno poteva pure aspettare, intanto avrebbe cominciato a spendere, allegramente, tutta quella fortuna. Però, a mano a mano che spendeva quei beni, si sentiva sempre più insoddisfatto, e si accorgeva che il suo cuore e la sua mente non erano più quelli di prima: il cuore era indurito, incapace di provare gioie vere e profonde, e nella sua mente gli sembrava ci fosse qualcun altro a dirigere i suoi pensieri, e si ritrovava, di conseguenza, ad agire come fosse una marionetta manovrata da invisibili fili. Spesso, gli capitava di svegliarsi, di soprassalto, nel cuore della notte, rimuginando su come aveva speso e su come avrebbe ancora potuto spendere tutti quei beni, ma, ad un tratto, veniva afferrato da un profondo senso di angoscia, sentendosi spaventosamente solo al mondo. Tutto ciò lo indusse ad una profonda riflessione sulla sua infelice condizione esistenziale: “A cosa mi servono tutti questi beni se non mi rendono felice, appagato? Nessuno mi ha mai amato per quello che sono. Sì, ma io chi sono?Avrei dovuto dare ascolto a quella voce quando mi diceva di non aprire quello scrigno e avere la pazienza di cercare la chiave di quell’altro, perché, magari, conteneva qualcosa di diverso rispetto allo scrigno della cantina”. Un giorno, sentendosi particolarmente sconsolato, gli venne da piangere, e cercando il fazzoletto dentro la tasca trovò una chiave. Gli balenò un’idea nella mente: “Non sarà per caso questa la chiave che apre lo scrigno?”. Corse subito in soffitta, infilò la chiave nella serratura dello scrigno e, con stupore, vide che si stava aprendo, ma, nel momento in cui lo spalancò una luce abbagliante si sprigionò dallo scrigno, e quella luce gli impediva di vedere il contenuto, perciò fu costretto a richiuderlo subito perché i suoi occhi erano rimasti accecati da tutto quel bagliore. Terrorizzato all’idea di aprirlo di nuovo, cominciò ad implorare di udire di nuovo quella voce che gli indicasse come procedere. Supplicò giorno e notte, fino a quando la udì nuovamente, e, con il tono amorevole della prima volta, gli disse:” Per vedere quel tesoro sfavillante i tuoi occhi dovranno imparare a vedere in modo nuovo, per toccare e usare quei doni dovrai purificare le tue mani, per udire sempre la mia voce dovrai purificare i tuoi orecchi”. Allora, l’uomo decise di riporre quel maledetto scrigno in cantina, seppellendolo sotto una montagna di scatoloni e d’inutili oggetti; ed iniziò il suo processo di purificazione. Trascorse del tempo, e quella voce ormai lo accompagnava quotidianamente, come una soave melodia che rallegrava la sua anima, istruendolo sul modo di utilizzare saggiamente i beni contenuti nello scrigno, e ammaestrandolo sui misteri della vita e sull’essenza delle cose. Quella voce produceva in lui una gioia crescente ed un graduale cambiamento, fino al punto che si accorse di aver acquisito una nuova e meravigliosa identità, completamente diversa dalla “marionetta” di un tempo. Un giorno, mentre si trovava davanti allo scrigno contemplando i beni in esso contenuti, gli venne in mente di scavare oltre quei beni, per vedere se esistesse un fondo in quel divino forziere; e, mentre le sue mani cercavano di aprire un varco in quell’immenso tesoro, vide, ad un tratto, spalancarsi una profonda voragine, nel cui fondo appariva uno specchio d’acqua cristallina, simile ad un lago di montagna, nel quale vedeva riflesso il suo volto che si sovrapponeva a quello di un altro volto di una bellezza sconvolgente, non paragonabile a quella di nessun uomo al mondo. Quel volto era di una maestosità che incuteva soggezione, ma, nello stesso tempo, di una semplicità disarmante e di una bonarietà senza uguali; i suoi occhi erano limpidi come quelli di un bambino di pochi mesi che guarda con stupore il mondo che lo circonda, e, nello stesso tempo, acuti e penetranti come quelli di uno che riesce a vedere oltre la realtà delle cose; e aveva un sorriso dolcemente enigmatico, quasi divertito. L’uomo non riuscì, in un primo momento, ad interpretare quella visione, fino a quando udì, provenire dalle labbra di quel Volto d’incommensurabile bellezza, quella voce, divenutagli ormai, da tempo, così familiare, che gli diceva: “Tu sei il mio tesoro”. Dopo aver ascoltato quelle parole, l’uomo si sentì liquefare in tutte le fibre del suo essere, e, inebriato d’amore, si tuffò in quelle limpide acque, come un bambino che, divertendosi, si tuffa da uno scoglio nel mare, mentre la mamma, seduta sulla riva, lo guarda con occhi brillanti di contentezza.

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