Lo Spirito Santo ha fatto sbocciare un nuovo piccolo fiore nel deserto del mondo: l’Opera Piccola Cafarnao.

Quest’Opera si rivolge ai “piccoli”, invitandoli ad amare sempre più la loro piccolezza e ad offrirla al Signore, affinché la trasformi in qualcosa di grande, a beneficio del mondo intero.

Un piccolo è colui che, qualunque sia la sua età e il posto che occupi nel mondo, rinasce ogni giorno tra le braccia di Dio Padre e gioisce di sentirsi un figlio nel Figlio.

In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito non può entrare nel regno di Dio. Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito. Non ti meravigliare se t’ho detto: dovete rinascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito” (Gv 3,5-9).

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Nel fondo dell’anima il Padre genera il suo Figlio unigenito centomila volte più rapidamente di un batter d’occhi, secondo il nostro modo di intendere, e nell’attimo di un’eternità sempre nuova, nella nobiltà, nell’ineffabile splendore di se stesso. Chi vuole sperimentare tutto questo si raccolga in se stesso, molto al di sopra di ogni attività delle sue facoltà esteriori e interiori, al di sopra delle immagini e di tutto ciò che fu mai portato all’interno dal di fuori, e s’immerga quindi nel fondo e si fonda con esso. Interviene, allora, la potenza del Padre e chiama in sé l’uomo per mezzo del suo Figlio unigenito; e come il Figlio nasce dal Padre e rifluisce nel Padre, così quest’uomo nasce dal Padre nel Figlio e rifluisce col Figlio nel Padre, e diventa uno con lui” (Dai Sermoni di Giovanni Taulero, mistico domenicano tedesco ).

“Mettiti in mano allo Spirito Santo, affinché egli ti trasformi in Dio, imprimendo nella tua anima l’immagine della bellezza divina, sicché il Padre, chinandosi su di te, non veda più che il suo Cristo, e possa dire: “Questi è il mio figlio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto” (Dagli scritti di Santa Elisabetta della Trinità).

Cristo è sempre generato misticamente dall’anima, e rende l’anima che lo genera una vergine madre” (San Massimo il Confessore).

“La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino non si ricorda più dell’afflizione, per la gioia che è venuto al mondo un uomo” (Gv 16,21-22).

Quando nella vita il dolore ci affligge nel corpo o nell’anima e, certe volte, diventa così tremendo da sembrare insopportabile, se lo uniamo al dolore di Gesù, possiamo “dare alla luce”, mediante la potenza dello Spirito Santo, il nostro “bambino interiore”: quando vedremo la “nuova creatura” sarà tanta la gioia che ci dimenticheremo di tutte le sofferenze patite per generarla. Inoltre, possiamo anche dare alla luce una moltitudine di nostri fratelli che vivono nelle tenebre del peccato. “Figlioli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché non sia formato Cristo in voi” (Gal 4,19-20). "Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo" (Rm 8, 22-24). La generazione spirituale è molto più feconda di quella corporale, e rimarremo pieni di stupore quando conosceremo, nel “nuovo mondo”, la nostra copiosa discendenza (Is 54,1-4) generata dal dolore sofferto sulla terra.

 


 

Un piccolo è colui che impara a muovere i primi passi nella santa Famiglia di Nazareth; e lì, in quel clima d’amore, si lascia docilmente plasmare per divenire un vero figlio adottivo di Dio.

“E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini”(Lc 2,52).

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“La Vergine Maria nutre l’anima con il latte della sua grazia, la forma delicatamente come formò ed educò Gesù. Sulle sue ginocchia deve imparare a conoscere e ad amare Gesù, e dal suo cuore deve attingere l’amore verso di lui, anzi, deve giungere ad amarlo col suo cuore, fino a diventare simile a lui”(San Massimiliano Kolbe).

Un “piccolo” ha un’altra importante figura di riferimento, che lo aiuta nella sua crescita umana e spirituale, e che lo guida ad inoltrarsi nel mistero del Padre Celeste nella sua intima vita di relazione col Figlio; questa figura è san Giuseppe, lo sposo di Maria S.S. e padre putativo di Gesù.

Quale santo e persino quale angelo ha mai meritato di essere chiamato padre del Figlio di Dio? Soltanto san Giuseppe ha avuto questo privilegio sulla terra e continua ad averlo in cielo! ”San Giuseppe, sii anche nostro padre e concedici di essere davvero tuoi figli” (Sant’Alfonso de’ Liguori).

“Se Dio Padre ha scelto questo santo per essere l’idea e il carattere delle sue perfezioni; se ha reso visibile in lui ciò che era nascosto nella sua essenza dall’eternità; se lo ha scelto per farne l’immagine della sua santità: quale opinione ci si deve fare di san Giuseppe? Dio gli dà in abbondanza il suo spirito di Padre, esprime sensibilmente in lui tutte le sue perfezioni divine, la saggezza, la prudenza, l’amore, la misericordia; ne fa il modello di tutte le sue bellezze. Infine, poiché il Padre è invisibile nella sua persona, e anche incomprensibile nel suo essere e nelle sue opere, ne consegue che, avendo scelto per sé questo santo, perché fosse la sua immagine terrena, lo ha reso in qualche modo invisibile e nascosto nel nostro spirito, e incomprensibile agli uomini” (Jean-Jacques Olier, Vie Intérieure de la Vierge Marie, cap.IV,5).

ATTO DI PERSONALE AFFIDAMENTO ALLA SANTA FAMIGLIA

O Maria e Giuseppe, io mi affido pienamente a Voi, per compiere sotto la vostra guida il mio cammino di santità, come Gesù si sottomise a Voi nella sua crescita in sapienza e grazia. Vi accolgo nella mia vita per lasciarmi formare alla scuola di Nazareth e realizzare la volontà che Dio ha su di me (tratto dal libro: Pregate, pregate, pregate – Ed. Shalom).

ATTO DI AFFIDAMENTO A GESÙ BAMBINO

Gesù Bambino, mio piccolo Re, per la tua misericordia introducimi sempre più nel mistero della tua Infanzia. Ti sei fatto piccolo per me, povero e bisognoso di tutto, “eccetto il peccato”. Gesù, Dio con noi, io mi affido a te, nascondimi nel mistero della tua Incarnazione, dove tutto parla di umiltà, semplicità e silenzio. Prendimi con te a Nazareth, perché con te io viva in totale e umile sottomissione alla volontà di Dio, felice di consumare la mia vita in quel segreto che solo il Padre vede (Mt 6, 6-7). Gesù Bambino fammi piccolo come te, per essere pienamente abbandonato nelle tue mani, come creta nelle mani del vasaio. Plasmami, modellami come vuoi tu, come piace a te, perché nella tua volontà è la mia pace.

Gesù, mio piccolo Re, è tanto bello sapere che il Padre ti ama e ti ha dato in mano ogni cosa, e anch’io sono nelle tue mani custodito dal tuo amore. Tienimi in te, perché stupende sono le tue opere. Gesù, mio Dio e mio Tutto, ti amo.

 


 

 Un piccolo, una volta diventato “grande”, si rimpicciolisce sempre di più, perché in questo consiste la sua grandezza (Gv 3, 30-31).

“In verità vi dico, fra i nati di donna non è mai sorto uno più grande di Giovanni il Battista. Ma il più piccolo nel Regno dei cieli è più grande di lui” (Mt 11,11-12).

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Un piccolo s’immerge, ogni giorno, nelle acque salutari del suo Battesimo per rinnovare le promesse battesimali, per riaffermare la sua dignità profetica, regale e sacerdotale, e per essere, ogni volta che riemerge dall’acqua, imbevuto come una “spugna” dell’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

“Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (Rm 6,4-8).

Purtroppo, molti battezzati si limitano a fare la doccia quotidiana per sentirsi puliti nel corpo (giustamente), senza pensare al “bagno salutare dell’anima” e a ringraziare il Signore Gesù che li ha lavati nel suo prezioso sangue (I Pt 1,18-20).

“Chi mantiene fedelmente le promesse battesimali? Non è forse vero che quasi tutti i cristiani tradiscono la fede promessa a Gesù Cristo nel Battesimo? Da dove scaturisce questo disordine universale, se non dalla dimenticanza in cui si vive delle promesse fatte e dagli impegni contratto nel santo Battesimo, e dal fatto che quasi nessuno ratifica da se stesso il contratto d’alleanza stretto un giorno con Dio per mezzo del padrino e della madrina?” (dal Trattato della vera devozione a Maria di san Luigi Grignion di Montfort parte III cap I,127).

 

 

 

 


 

Un piccolo non ha paura delle “tenebre”, e con la sua “luce” (Mt 5, 16-17) illumina chi brancola nel buio, insegnandogli a trovare la strada che conduce al Regno dei Cieli.

 

“In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli per dirgli: ”Chi è dunque più grande nel Regno dei cieli?”. Egli chiamato a sé un fanciullo lo pose in mezzo a loro e disse: “In verità vi dico, se non vi convertirete e non diventerete come i fanciulli, non entrerete nel Regno dei Cieli”. Chi dunque si farà piccolo come questo fanciullo, questi sarà il più grande nel Regno dei cieli” (Mt 18,1-5).

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Ogni uomo, superata l’età dell’infanzia, almeno una volta, nel corso della sua vita, si è sentito “piccolo” di fronte a degli eventi che l’hanno schiacciato, ridotto ai “minimi termini” (problemi di salute, la perdita di una persona cara,difficoltà familiari, economiche ecc. ecc.); e, in quei momenti drammatici, c’è chi riesce, proprio perché è diventato “piccolo”, ad attraversare, agilmente, quella porta stretta che conduce al Regno dei cieli (Mt 7,13-15). Ma, in cosa consiste il Regno dei Cieli? Non si tratta, ovviamente, di un luogo fisico, ma spirituale: è un meraviglioso “giardino” (Gn 2,15-16) posto al centro dell’anima, nel quale si acquisisce, coltivandolo, un nuovo modo di essere, di pensare, di agire, che è simile al “proprietario del giardino”. Il Regno dei Cieli è un qualcosa di vitale importanza per ogni uomo, più dell’aria che respira o del cibo che lo nutre, e, appunto per questo bisogno primario e vitale dell’uomo, le prime parole pronunciate da Gesù, all’inizio della sua predicazione, a Cafarnao, annunciavano l’avvento di questo Regno: “Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è giunto: convertitevi e credete al vangelo” (Mc 1, 15-16). Vangelo significa bella notizia, ed è una bellissima notizia sapere che le porte del Cielo si sono riaperte, e che è possibile entrare in un regno ancora più bello di quello perduto, perché in Cristo siamo diventati figli di Dio e non più semplici creature, come lo erano, invece, Adamo ed Eva, pur se dotati (nel Paradiso terrestre prima del peccato originale) di meravigliosi doni preternaturali. Gesù, attraverso varie parabole ed esempi riguardanti il Regno dei cieli, indicava che qualcosa di molto piccolo e semplice, come un minuscolo seme o un po’ di lievito, racchiudeva, simbolicamente, qualcosa d’infinito, come il Regno dei Cieli (similmente al microcosmo che racchiude in sé il macrocosmo).

 

Gesù invitava gli uomini del suo tempo, e quelli di tutti i tempi, alla conversione, perché solo attraverso questo percorso è possibile entrare nel Regno dei cieli. Convertirsi non significa solo sforzarsi d’essere più buoni, di non commettere più peccati o di recitare tante preghiere, ma consiste nel “convergere” verso un “microscopico punto” che, gradatamente, diventa sempre più piccolo ( la porta stretta), fino ad entrare in una specie di “buco nero” l’entrata nel nostro nulla,la morte del nostro vecchio io, nel quale s’implode”, per poi esplodere in un “big bang d’Amore e in un nuovo Universo!".

“Quale meraviglia ! Il fango mutato in luce, la scoria in purezza, il peccato in santità, la creatura nel Creatore, l’uomo in Dio! È un’opera ammirabile, però difficile per se stessa e irraggiungibile dalla sola natura umana. Nessuno può condurla senza la grazia di Dio, e una grazia abbondante e straordinaria. La creazione dell’universo non fu un’opera grande come questa” (dal Il segreto di Maria, parte I, 3 di san Luigi Grignion di Montfort).

 


 

Un piccolo è un vero adoratore del Padre in Spirito e verità (Gv 4,23).

Più si è piccoli, più è facile essere presi in braccio da Dio, e sentire il suo Cuore palpitante d’amore per noi.

“In quello stesso istante Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: “Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così a te è piaciuto” (Lc10,21-22).

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Gesù è venuto sulla terra non soltanto per salvarci, ma anche per farci conoscere il Padre e insegnarci a glorificarlo. Solo attraverso Gesù si giunge al Padre (Gv 14-6-7), e, con Gesù, possiamo innalzarci, nella brezza leggera dello Spirito Santo, al di sopra di tutte le cose create, per incontrare, lodare, benedire e adorare il Padre.

“E se anche la nostra bocca fosse colma di canti come è colmo il mare, e la nostra lingua di inni come la moltitudine delle onde, e le nostre labbra di lodi come gli spazi del firmamento, e se anche i nostri occhi risplendessero come il sole o la luna, e le nostre braccia fossero tese come le ali delle aquile in cielo, e i nostri piedi fossero rapidi come quelli della cerva, noi non riusciremmo a renderti grazie, o Signore Dio nostro, e a benedire il tuo Nome, o nostro Re, per una sola delle mille migliaia e delle diecimila miriadi di benefici, miracoli e meraviglie che Tu hai compiuto per tutti noi” (Dalla preghiera ebraica Nishmat Kol Chaj).

 

“Lasciamo la terra per vivere con Lui nelle regioni infinite dove il cuore si perde e si dilata” (Santa Elisabetta della Trinità). “A quale abisso di gloria siamo chiamati! Lo Spirito Santo solleva l’anima a così mirabili altezze, da renderla capace di produrre in Dio la medesima spirazione d’amore che il Padre produce col Figlio e il Figlio col Padre, spirazione che non è altro che lo Spirito Santo stesso” (Dagli scritti di Santa Elisabetta della Trinità).

Santa Elisabetta della Trinità, una suora carmelitana vissuta nel secolo scorso e morta ad appena 26 anni, ha lasciato, nei suoi numerosi scritti, dei pensieri sublimi sulla S.S. Trinità, che invitano a sperimentare l'immensa gioia che si prova nel vivere, già su questa terra, in intima unione con le tre Persone Divine.

“Ah, come vorrei dire, a tutte le anime, quali sorgenti di forza, di pace e di felicità troverebbero se acconsentissero a vivere in quest’intimità. Esse però non sanno aspettare. Se Dio non si dà loro in una maniera sensibile, abbandonano la sua santa presenza, e, quando egli arriva armato di tutti i suoi doni, non trova nessuno: l’anima è al di fuori, nelle cose esteriori, non abita più nel proprio intimo” (Dagli scritti di Santa Elisabetta della Trinità).

 

Preghiera di santa Elisabetta della Trinità alla S.S. Trinità

Mio Dio, Trinità che adoro, aiutami a dimenticarmi interamente per stabilirmi in voi, immobile e quieta come se la mia anima fosse già nell’eternità; che nulla possa turbare la mia pace o farmi uscire da voi, mio immutabile Bene, ma che ogni istante mi porti più addentro nella profondità del vostro mistero. Pacificate la mia anima, fatene il vostro cielo, la vostra dimora preferita e il luogo del vostro riposo, che io non vi lasci mai solo, ma sia tutta desta nella mia fede, tutta in adorazione, tutta abbandonata alla vostra azione creatrice.

O mio amato Cristo, crocifisso per amore, vorrei coprirti di gloria,vorrei amarti fino a morire! Ma sento la mia impotenza e ti chiedo di rivestirmi di te, di immedesimare la mia anima a tutti i movimenti della tua Anima, di sommergermi, d’invadermi, di sostituirti a me, affinché la mia vita non sia che un’irradiazione della tua vita. O Verbo eterno, Parola del mio Dio, voglio passare la mia vita ad ascoltarti, voglio farmi tutta docilità per imparare tutto da te. Poi, attraverso tutte le notti, tutti i vuoti, tutte le impotenze,voglio fissarti sempre e restare sotto la tua grande luce. O mio Astro amato, affascinami così che io non mi possa sottrarre mai più dal tuo irraggiamento.

O Fuoco consumatore, Spirito d’Amore, vieni in me e fa’ della mia anima un’incarnazione del Verbo, ed io sia per lui un’aggiunta di umanità nella quale egli rinnovi tutto il suo mistero. E Voi, o Padre, chinatevi sulla vostra piccola creatura, copritela della vostra ombra e non guardate in lei che il Diletto nel quale avete riposto tutte le compiacenze.

O miei Tre, mio Tutto, mia Beatitudine, solitudine infinita, immensità in cui mi perdo, mi consegno a voi come una preda. Seppellitevi in me perché io mi seppellisca in voi, in attesa di venire a contemplare nella vostra luce l’abisso delle vostre grandezze”.

 

 


 

 

Un piccolo accoglie, con entusiasmo, l’invito di Gesù a collaborare con lui per salvare tante anime che rischiano di perire nel mare tempestoso della vita.

“Seguitemi e vi farò pescatori di uomini” (Mt 4,19).

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Gesù attende, con ansia, “sulla riva del lago”, chi desidera, insieme con lui, prendere il largo per divenire un pescatore di uomini. Allontanandosi dalla riva, forse uno potrà sentirsi come un “pesce fuori dall’acqua”, come un bimbo appena uscito dalle viscere della mamma che deve imparare a respirare in un altro modo, ma, in seguito, impara a respirare insieme a Gesù: inspirando aria di cielo ed espirando tutto ciò che vi è di negativo in lui. E, a mano a mano che si allontana dalla riva, il “piccolo e insignificante anatroccolo”, si accorge di essersi tramutato in un “bellissimo cigno” (come accade nella fiaba del brutto anatroccolo di Andersen). Sentirsi un brutto anatroccolo, vale a dire sentirsi fuori posto nella società, scartato da tutti e non amato da nessuno, è una grande grazia, un segno di predilezione particolare del Signore, perché anche lui fu rifiutato e non amato da gran parte dagli uomini: ”Era nel mondo e il mondo fu fatto per mezzo di lui e il mondo non lo riconobbe. Venne nella sua proprietà e i suoi non lo accolsero” (Gv 1,10-12).

Le fiabe nascondono sempre delle grandi verità, e, pure da adulti, fa bene, di tanto in tanto, rileggerle, perché aiutano a ritrovare lo spirito dell’infanzia. Gesù, nella sua predicazione, utilizzava prevalentemente delle parabole, che sono simili a delle fiabe, ma molti dei suoi ascoltatori non le capivano perché non avevano un cuore da fanciullo.

 

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Il “piccolo cigno”, tornato a riva, desidera insegnare ad altri quel “nuovo genere di respirazione” che ha imparato da Gesù, come un bambino che vuole insegnare a nuotare o ad andare in bicicletta ad un suo amichetto, e, quando si accorge di esserci riuscito, esulta di gioia nel vedere come si diverte il suo compagno di giochi. Ripensiamo spesso ai bei momenti trascorsi nell’infanzia, a tutti quei giochi che ci appassionavano tanto, alla gioia che provavamo quando mamma e papà ci portavano in meravigliosi luoghi dove ci divertivamo, come ad esempio sulla spiaggia: com’eravamo felici di tuffarci nel mare insieme agli altri bimbi e giocare con loro, e poi, tornati a riva, gustavamo la colazione che ci aveva preparato, con tanto amore, la mamma! Quanta gioia e spensieratezza c’era nel nostro cuore: non saremmo mai voluti andar via da lì! Quei bei momenti erano delle piccole pregustazioni del Regno dei Cieli, un anticipo di quelle gioie senza fine che il Signore dona a quanti lo accolgono nel loro cuore.

E chi accoglie Gesù nel suo cuore non può fare a meno di condividere con lui l’ansia per la salvezza delle anime.

Gesù e la Vergine Maria, hanno rivelato, più volte, nel corso di varie apparizioni, quanto è importante pregare e offrire sacrifici per la salvezza delle anime. La Madonna, a Fatima, in una delle apparizioni ai tre pastorelli, disse loro: “ Pregate, pregate molto e fate sacrifici per i peccatori, perché molte anime vanno all’inferno perché non c’è chi prega e si sacrifichi per loro”.

Nelle rivelazioni che Gesù fece a santa Margherita Alacoque, il Signore le manifestava il suo intenso desiderio di salvare tutti gli uomini, e che, per compiere quest’opera d’amore, aveva bisogno di piccole, miserabili ed insignificanti creature. “Il mio cuore è talmente appassionato per tutti gli uomini e per te in particolare, che, non potendo più trattenere in sé le fiamme della sua ardente carità, sente il bisogno di diffonderle per mezzo tuo, e di manifestarsi agli uomini per arricchirli con i miei preziosi tesori che ti rivelerò, che contengono le grazie santificanti e salvifiche necessarie per sottrarli all’abisso della perdizione. Per eseguire questo gran progetto, io ti ho scelto come un abisso d’indegnità e d’ignoranza, affinché tutto venga fatto da me”.

Suor Josefa Menendez, una mistica vissuta nel secolo scorso, era continuamente invitata da Gesù, ad ogni ora del giorno e della notte, a pregare per la salvezza delle anime: “Voglio che tu mi aiuti con la tua piccolezza e la tua miseria a strappare al nemico le anime che costui tenta di divorare. La mia grandezza farà sparire la tua piccolezza. Ormai lavoreremo sempre uniti. Io vivrò in te, tu vivrai per le anime” (Dal libro: Invito all’amore; Ed. Shalom).

Gesù insegnò a Suor Consolata Betrone una semplice giaculatoria da ripetere incessantemente: “Gesù Maria vi amo, salvate anime”. Ecco cosa le disse sull’importanza di questa semplice preghiera: “Ricorda che un tuo atto d’ amore decide l’eterna salvezza di un’anima; quindi, abbi rimorso a perdere un solo”Gesù Maria vi amo, salvate anime! Questa breve preghiera comprende tutto: le anime del Purgatorio, e quelle della Chiesa militante; l’anima innocente e quella colpevole; i moribondi, gli atei ecc, tutte le anime”. Pregami con l’atto incessante d’amore, giorno per giorno, ora per ora, minuto per minuto. Solo in Paradiso conoscerai il valore e la fecondità di tale atto d’amore”. “Prepara con la preghiera incessante il trionfo del mio Cuore, del mio amore su tutta la terra! Narra alle piccole anime, a tutti, la mia condiscendenza ineffabile; dì al mondo quanto io sono buono e materno, e come dalle mie creature, in cambio, io non chiedo altro che amore”.

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